la donne dellacqua 2di Pierre Yelen -  Finalmente arriviamo. La pioggia di questi giorni ha reso la pista difficile da percorrere. Il tempo del viaggio si allunga, inesorabilmente. Comunque arriviamo. Omar ci sta aspettando. Seduto su un banchetto, sotto un grande mango, a lato della vecchia scuola.

Viene a salutarci e dice al suo amico Soumana di comunicare il nostro arrivo a tutto il villaggio. Mentre ci attardiamo nei saluti ci accorgiamo che intorno a noi comincia a muoversi un mondo che non avevamo notato. Spuntano dal nulla una moltitudine di donne con i pagnes colorati ed i foulards sulla testa. Trasportano sedie e banchi della scuola all’ombra dei neem. Quattro banchi vengono collocati di fronte ad altri due, a debita distanza. La maggior parte delle sedie ai loro lati. Veniamo invitati a sistemarci dietro la fila dei quattro. L’arrivo del vecchio capo-villaggio, con i maggiorenti, ritarda il nostro posizionamento come da “protocollo”. Le donne, a loro volta, cominciano ad accomodarsi sulle sedie. Il loro numero è superiore ai posti a sedere. Molte si accomodano a terra, invitando la moltitudine di bambini a fare la stessa cosa. Finalmente prendiamo il nostro posto. Insieme ad Angelo, sono con me due tecnici locali; il primo è il responsabile delle attività agricole nel villaggio, è molto conosciuto. Di fatto è il mediatore culturale tra noi e la comunità. Funge anche da traduttore dal dioulà, la lingua locale. La maggior parte dei presenti non si esprime in francese. Pochi sono andati a scuola, soprattutto le donne.

I preparativi sono terminati.

Seduti, ci godiamo il venticello mattutino, l’aria non è ancora calda. Lo sguardo è impregnato di varie tonalità di verde: dal miglio, in piena fase vegetativa, che è appena un po’ più scuro dell’erba dei pascoli, fino alle foglie del neem, più chiare, che ci riparano dai raggi di sole. C’è un silenzio irreale per una presenza di un centinaio di persone. Noto Omar, impaziente, che si avvicina alle due signore ancora in piedi ed inizia a parlottare, gesticolando ed accentuando i movimenti delle mani. Il capo-villaggio, seduto dietro la fila dei due banchi, di fronte a noi, a circa dieci metri, seguita ad interpellarmi, con cadenza regolare. Ripete sempre le stesse frasi: “tutto bene? Il viaggio è andato bene? la tua famiglia gode di buona salute?” Rispondo ogni volta con cortesia ma capisco che qualcosa non sta funzionando nel cerimoniale.

Sta arrivando qualcuno. È Fatima. Eccola, ora è nel gruppo anche lei.

È accolta da un applauso di tutte le donne presenti; lei risponde con un gran sorriso, applaudendo a sua volta, mentre prende il suo posto, in piedi, in mezzo a loro, in prima fila. È la Presidente della cooperativa di orticoltrici. Al suo fianco una signora minuta, immobile, la guarda ansiosamente e ad un suo gesto versa in bicchieri di plastica lo zoom koom, una bevanda tradizionale, che ci porge con un inchino. Termina il giro servendo il capo-villaggio, i suoi due assistenti ed Omar. È a questo punto che Fatima si rivolge a noi, ci dà il benvenuto, ci invita a bere “il bicchiere dell’accoglienza, la bevanda dell’amicizia”.

Inizia il suo discorso.

Fatima è una donna robusta, alta, sulla quarantina. Il suo vestito usato ha colori sbiaditi, un foulard viola le cinge la testa, le ciabatte di plastica ai piedi. L’ascolto e la guardo con attenzione. La sua gonna è bagnata, in maniera omogenea, almeno fino a metà delle cosce. Solo qualche goccia d’acqua, invece, sulla stoffa che le cinge il bacino, sopra la gonna. Stamattina non ha piovuto, perché è bagnata? La cosa mi incuriosisce, Omar mi spiega. Indica la casa di Fatima, a 500 metri, oltre una depressione del terreno che quando piove si riempie d’acqua e che per venire da questa parte del villaggio va attraversata. Fatima lo fa a piedi. Tutti i giorni, anche più volte al giorno. I suoi campi di miglio e la concessione orticola della cooperativa sono da questa parte; anche la scuola dei suoi 5 figli. I più piccoli non ce la fanno ad attraversare da soli quando l’altezza dell’acqua supera gli 80 cm. Lei poi ha paura, non sanno nuotare, li accompagna. Due notti fa ha piovuto molto, l’acqua è ancora alta. Per questa ragione è arrivata in ritardo, con la gonna tutta bagnata.

Fatima termina il suo discorso.

Applausi da tutti. La signora minuta mima qualche passo di danza ed inizia una zaghroutah, con la mano vicino alla bocca, emettendo le caratteristiche urla di gioia, a metà tra un ululato ed un grido a voce alta. Viene emulata dalle altre donne presenti. Anch’io applaudo con energia.

Ogni giorno Fatima aggiunge un pezzetto in più alla costruzione del suo puzzle di sicurezza alimentare che deve realizzare durante tutto l’anno, per lei e per la sua famiglia, lottando tenacemente. Nella stagione delle piogge anche con maggior vigore.

23 maggio 2020

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